Ricorso  della  regione  Lombardia, in persona del presidente della
 giunta regionale ing. Giuseppe Giovenzana, autorizzato  con  delibera
 della  giunta regionale n. 14594 del 5 novembre 1991, rappresentato e
 difeso dagli avvocati prof.  Valerio  Onida  e  Gualtiero  Rueca,  ed
 elettivamente  domiciliato  presso  quest'ultimo in Roma, largo della
 Gancia, 1, come da delega  in  calce  al  presente  atto,  contro  il
 Presidente   del   Consiglio   dei   Ministri   pro-tempore   per  la
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 1  secondo
 e  terzo  comma,  5, 6, 7, 8, 10, 12, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24,
 27, 29, 30, 31, 32, 33, 36, 39, primo comma, lettera  a),  41  e  43,
 primo  comma,  della  legge  5  ottobre  1991, n. 317, pubblicata nel
 supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 237 del  9  ottobre
 1991,  e  recante  "Interventi  per l'innovazione e lo sviluppo delle
 piccole imprese".
    La  legge n. 317/1991 disciplina un insieme complesso e articolato
 di interventi finanziari di agevolazione delle piccole imprese.
    Ai sensi dell'art. 1, secondo comma,  della  legge,  si  definisce
 "piccola   impresa   industriale"  quella  avente  non  piu'  di  200
 dipendenti e 20 miliardi di  lire  di  capitale  investito;  "piccola
 impresa commerciale e piccola impresa di servizi, anche del terziario
 avanzato"  quella  avente non piu' di 75 dipendenti e 7,5 miliardi di
 lire di capitale investito.
    Gia'  tale  definizione,  operata  in  base   ai   soli   elementi
 dimensionali,    ricomprende    nell'area   dei   destinatari   delle
 agevolazioni disposte dalla legge stessa sia le imprese  industriali,
 sia  le  imprese  commerciali,  sia  quelle  di  servizi, operanti in
 qualsiasi  campo;  quindi  anche  le  imprese  operanti  in   settori
 rientranti nell'ambito della competenza della Regione come il turismo
 o i trasporti di interesse regionale; dall'altro lato, vi ricomprende
 anche  le  imprese  artigiane,  che,  secondo  la  definizione  degli
 articoli 3 e 4 della legge  quadro  8  agosto  1983,  n.  443,  hanno
 dimensioni inferiori a quelle indicate come limite dal citato art. 1,
 secondo comma.
    Per  altro  verso l'art. 1, terzo comma, della legge, individuando
 in particolare l'area delle imprese destinatarie  delle  agevolazioni
 di  cui agli articoli 6, 7, 8 e 12 della legge stessa, vi include sia
 le piccole imprese industriali o di  servizi",  definite  le  ultime,
 questa  volta  piu'  restrittivamente,  come  "quelle che operano nei
 settori dei servizi tecnici di studio, progettazione e  coordinamento
 di infrastrutture e impianti, dei servizi di informatica, di raccolta
 ed  elaborazione  dati"; sia, espressamente, "le imprese artigiane di
 produzione di cui alla legge 8 agosto 1986, n. 443".
    E' dunque  pacifico  che  le  agevolazioni  previste  dalla  legge
 incidono  sia  in settori economici di competenza regionale (turismo,
 trasporti); sia nel settore dell'artigianato, a sua volta  rientrante
 nella compentenza della regione.
    I  capi  II  e  seguenti  della legge disciplinano diversi tipi di
 interventi agevolativi delle imprese.
    In particolare, il capo II prevede "interventi per  la  diffusione
 dell'innovazione",  definiti  in termini assai larghi dall'art. 5: si
 tratta di  interventi  agevolativi  per  le  imprese  che  effettuano
 investimenti  aventi per oggetto la realizzazione o l'acquisizione di
 sistemi  gestiti  da   apparecchiature   elettroniche,   di   sistemi
 robottizzati,  di  unita'  o  sistemi per l'elaborazione dei dati, di
 apparecchiature scientifiche, di  sistemi  o  macchinari  finalizzati
 alla   riduzione  dell'inquinamento,  e  ancora  la  realizzazione  o
 l'acquisizione   di   programmi   per   l'utilizzazione   di    dette
 apparecchiature  e  sistemi,  nonche'  l'acquisizione  di  brevetti e
 licenze.
    E' facile osservare che pressoche' tutti i  tipi  di  investimenti
 diretti  a  modificare  o  modernizzare  il  processo produttivo o la
 gestione  dell'impresa  sono  suscettibili  di   dare   titolo   alle
 agevolazioni.
    Queste ultime sono disciplinate negli articoli 6 e 12. A sua volta
 l'art.  7  prevede  agevolazioni sul costo di acquisizione di servizi
 destinati all'aumento della  produttivita',  al  trasferimento  delle
 tecnologie,  alla  ricerca  di  nuovi mercati per il collocamento dei
 prodotti, allo sviluppo di sistemi di qualita'"; e l'art.  8  prevede
 agevolazioni  commisurate alla quota degli utili reinvestiti in spese
 di ricerca.
    In  pratica  ogni aspetto dell'attivita' delle imprese e' preso in
 considerazione in funzione delle possibili agevolazioni  finanziarie:
 e  cio',  si  badi, non per l'attuazione di programmi straordinari, o
 per localizzazioni limitate, ma in  generale  per  tutte  le  piccole
 imprese,  comprese  quelle artigiane, definite dal gia' visto art. 1,
 terzo comma.
    Il meccanismo agevolativo e' duplice. In primo  luogo  si  prevede
 che  i  soggetti  in  questione  siano ammessi a fruire, nel triennio
 1991-93, di un "credito di imposta" in misure variamente definite  in
 correlazione  con  i costi degli investimenti o dei servizi acquisiti
 dalle imprese. A  tale  fine,  ai  sensi  dell'art.  10,  le  imprese
 dichiarano al Ministero dell'Industria l'importo dei costi sostenuti;
 sulla  base  delle  dichiarazioni  pervenute  il  Ministero  forma un
 elenco, verifica le disponibilita'  finanziarie  entro  le  quali  e'
 ammissibile  la  fruizione  del  beneficio  e comunica all'impresa la
 concessione del beneficio stesso.
    La qualificazione del beneficio come "credito di imposta" non puo'
 trarre in inganno, ne' far pensare che si tratti  di  una  misura  di
 agevolazione  fiscale,  come  tale  attinente  al  regime  tributario
 anziche' a un regime di finanziamento pubblico delle imprese.
    Infatti il meccanismo del  credito  d'imposta  (se  non  e'  stato
 scelto  ad  arte  al  fine  di  mascherare il finanziamento disposto,
 facendolo passare per agevolazione  fiscale)  e'  comunque  solo  uno
 strumento   tecnico   per  assegnare  alle  imprese  beneficiarie  un
 contributo finanziario. E infatti  il  regime  e  la  disciplina  del
 "credito  d'imposta"  e'  tale da rendere palese che non si tratta di
 una disciplina a contenuto tributario.
    Un'agevolazione tributaria, invero, in quanto tale  non  puo'  che
 spettare  di  diritto,  contemporaneamente  e  per  ogni  periodo  di
 imposta, a tutti coloro che  si  trovano  nelle  condizioni  definite
 dalla  legge,  e  da'  luogo ad una diminuzione, in misura eguale per
 tutti coloro che si trovano nelle  medesime  condizioni,  del  debito
 d'imposta,  nonche'  ad una correlativa rinunzia da parte dello Stato
 alle entrate corrispondenti.
    Viceversa il  "credito  d'imposta"  in  questione  non  spetta  di
 diritto  a  tutti,  ma  viene  "concesso"  singulatim  dal  Ministero
 dell'industria, entro i limiti dell'apposito stanziamento  (art.  10,
 terzo  comma),  e  quindi non a tutti, ma ai soli beneficiari inclusi
 utilmente  nell'elenco,  fino  all'esaurimento  delle  disponibilita'
 finanziarie; ed eventualmente, nel caso di esaurimento dei fondi e di
 concorrenza  di  piu'  domande,  in  misura  ridotta, nonche' in anni
 diversi  (art.  10,  quinto  e  ottavo  comma).  I  fondi  stanziati,
 corrispondenti  alle  agevolazioni  concesse, vengono trasferiti allo
 stato  di  previsione  dell'entrata  a  compensazione   del   mancato
 pagamento  dei  tributi,  e  senza quindi che le entrate diminuiscano
 dell'importo  corrispondente  alle  agevolazioni  (art.  10,  settimo
 comma). Il credito puo' essere fatto valere indifferentemente ai fini
 del  pagamento  dell'Irpef,  dell'Irpeg o dell'Ilor, ed eventualmente
 dell'Iva; e infine e' revocabile, nel  caso  di  insussistenza  delle
 condizioni previste (art. 13, primo comma).
    Ma  la  riprova  definitiva della natura non tributaria, bensi' di
 agevolazione finanziaria, del beneficio, e' data dal  fatto  che  gli
 interessati  e' data la facolta' di chiedere, in luogo dei crediti di
 imposta, la concessione di contributi in  conto  capitale  in  misura
 equivalente  a  detti  crediti  (art.  12,  quarto comma), contributi
 concessi dal ministero, con le  medesime  procedure  previste  per  i
 crediti  di  imposta  (art.  12,  quinto  comma);  la concessione dei
 contributi  comporta  l'esclusione  dalla  concessione  del   credito
 d'imposta, e viceversa (art. 10, sesto comma e art. 12, nono comma).
    Onde  e'  di  tutta  evidenza  che  si tratta sempre di contributi
 finanziari alle imprese, erogati con tecniche diverse.
    Una ulteriore tipologia di contributi  e'  prevista  dal  capo  IV
 della  legge  a  favore  dei consorzi e delle societa' consortili tra
 piccole imprese.
    Precisamente possono essere beneficiari  di  tali  contributi,  ai
 sensi  dell'art.  17, primo e secondo comma, i consorzi e le societa'
 consortili costituite fra piccole imprese  industriali,  o  fra  tali
 imprese  e  piccole imprese commerciali e di servizi "aventi lo scopo
 di fornire  servizi  ..  diretti  a  promuovere  lo  sviluppo,  anche
 tecnologico,   e   la   razionalizzazione   della  produzione,  della
 commercializzazione e della gestione delle imprese consorziate", e "i
 consorzi e le societa' consortili fra imprese artigiane di produzione
 di beni e servizi" costituiti ai sensi dell'art.  6  della  legge  n.
 443/1986,  nonche'  i  consorzi  e  le societa' consortili costituite
 dalle  predette  imprese  e  dalle   piccole   imprese   industriali,
 commerciali  o di servizi. Si tratta dei medesimi consorzi e societa'
 consortili fra imprese artigiane,  anche  con  la  partecipazione  di
 imprese  industriali di minori dimensioni, a cui l'art. 6 della legge
 n. 443/1985 prevede che le regioni possano concedere agevolazioni.
    L'art. 18 precisa che i consorzi e le societa'  consortili  devono
 essere   costituiti  da  almeno  cinque  imprese  e  avere  un  fondo
 consortile o un capitale sociale non inferiore a 20 milioni di  lire;
 l'art.  19  precisa  in  termini  ampiamente  estensivi  il possibile
 oggetto dell'attivita' dei  consorzi  o  delle  societa'  consortili;
 l'art.  20  prevede  la  concessione  a  favore  di  tali soggetti di
 contributi in conto capitale.
    L'art. 20, secondo comma, e l'art.  21  disciplinano  la  relativa
 procedura:  i  soggetti interessati debbono presentare alla Regione e
 per conoscenza  al  Ministero  un  programma  di  attivita'  chedendo
 l'ammissione  agli  interventi:  le regioni entro sessanta giorni dal
 termine ultimo provvedono all'istruttoria delle domande e trasmettono
 al Ministero dell'industria  un  progetto-programma  di  sviluppo  di
 iniziative consortili nel territorio, nonche' le domande istruite con
 il  proprio parere. Il Ministro approva le richieste di finanziamento
 e provvede al riparto tra le regioni delle  somme  disponibili  (art.
 21,  quarto  comma),  dopo  di  che  la  regione  concede  ed eroga i
 contributi (art. 20, secondo comma). Qualora la regione non  provveda
 a  tutti  gli  adempimenti  entro  sessanta giorni dal termine per la
 presentazione delle domande, l'istruttoria e' compiuta dal  Ministero
 e i contributi, sono concessi ed erogati dal Ministero medesimo (art.
 21, quinto comma).
    L'art. 22 precisa la misura massima dei contributi, attribuisce al
 Ministero  dell'industria  il  compito  di  determinare  con  proprio
 decreto, di  concerto  con  il  Ministro  del  tesoro,  le  norme  di
 attuazione  relative  a  tali  contributi  (quinto  comma), e stanzia
 all'uopo appositi fondi (sesto comma).
    Ai   sensi  dell'art.  23  sono  ammessi  a  favore  dei  medesimi
 contributi in capitale, nonche' dei finanziamenti agevolati  previsti
 dall'art. 24, anche i consorzi e le societa' consortili fra piccole e
 medie  imprese  "operanti nei settori dell'industria, del commercio e
 dell'artigianato,  allo  scopo  di   promuovere   lo   sviluppo,   la
 razionalizzazionee  la commercializzazione dei prodotti delle aziende
 associate" (art. 1, primo comma, legge n. 240/1981, cui rinvia l'art.
 13, primo e secondo comma),  non  aventi  i  requisiti  di  cui  agli
 articoli 17 e 18 della legge in esame.
    Il   finanziamento   agevolato   previsto   dall'art.  24  avviene
 praticando un tasso pari al 60 per cento  di  quello  di  riferimento
 vigente per il settore industriale (art. 25, primo comma): a tal fine
 viene  disposto  il  conferimento  di  somme al Mediocredito centrale
 (art. 23, quarto comma).
    A sua volta l'art. 27 prevede la  concessione  dei  contributi  in
 capitale  alle  "societa'  consortili  a  capitale  misto  pubblico e
 privato aventi come scopo statutario la prestazione  di  servizi  per
 l'innovazione  tecnologica  gestionale  e  organizzativa alle piccole
 imprese industriali, commerciali, di servizi e alle imprese artigiane
 di produzione di beni e servizi" (primo comma), per una  serie  assai
 ampia di attivita' (settimo comma). Per l'istruttoria, la concessione
 e  l'erogazione di contributi si applicano le medesime procedure gia'
 viste, stabilite per la concessione dei contributi ai consorzi e alle
 societa' consortili (nono comma).
    Al Ministero dell'Industria e' affidato il compito di determinare,
 di  concerto  con  i  Ministri  del  tesoro  e  per  gli   interventi
 straordinari  nel  Mezzogiorno,  le  norme  di attuazione (undicesimo
 comma).
    Il capo V e' dedicato ai consorzi di garanzia collettiva  fidi,  e
 cioe'  ai  consorzi,  alle  societa'  consortili  e  alle cooperative
 costituite  da  almeno   cinquanta   piccole   imprese   industriali,
 commerciali  e  di  servizi e da imprese artigiane, che dispongano di
 fondi di garanzia monetari  di  importo  non  inferiore  a  cinquanta
 milioni,  e  abbiano come scopi sociali l'attivita' di prestazione di
 garanzie collettive per favorire  la  concessione  di  finanziamenti,
 nonche'  l'attivita'  di  informazione, di consulenza e di assistenza
 alle imprese consorziate per il reperimento e  il  migliore  utilizzo
 delle   fonti  finanziarie,  e  le  prestazioni  di  servizi  per  il
 miglioramento della gestione finanziaria delle stesse imposte,  (art.
 29, primo comma, e art. 30).
    A favore di tali consorzi e' prevista la concessione, da parte del
 Ministro   del  tesoro,  di  contributi  al  fine  di  reintegrare  i
 rispettivi fondi di garanzia monetari (artt. 31 e 32).
    A sua volta l'art. 33 disciplina la concessione  di  contributi  a
 favore dei consorzi, delle societa' consortili e delle cooperative di
 garanzia  collettiva  fidi  che concorrono alla costituzione di fondi
 interconsortili di secondo grado a carattere nazionale (primo comma),
 nonche' la concessione di contributi in capitale  ai  consorzi,  alle
 societa'  consortili  e  alle cooperative di garanzia collettiva fidi
 per  la  realizzazione  di  programmi  di  sviluppo  organizzativo  e
 gestionale  per  la  fornitura  di servizi di natura finanziaria alle
 piccole impree consorziate (secondo comma).
    Le modalita' per la  concessione  e  l'erogazione  dei  contributi
 verranno dettate con decreto del Ministero dell'industria di concerto
 con  quello  del  tesoro  (quarto  comma).  Contributi  statali  sono
 altresi' concessi ai consorzi di garanzia collettivi fidi di  secondo
 grado  costituiti  da almeno cinque cooperative artigiane di garanzia
 collettiva fidi (sesto comma).
    Tutti i tipi di contributi contemplati dalle  disposizioni  citate
 configurano  interventi  finanziari  diretti  dello  Stato che, nella
 parte in cui contemplano come beneficiarie imprese artigiane, nonche'
 piccole  imprese  operanti  nei  settori  di  competenza   regionale,
 interferiscono   con   le   competenze  della  Regione  e  ne  ledono
 l'autonomia.
    Si  tratta  infatti   di   interventi   finanziari   capillarmente
 distribuiti,   concessi   invia   ordinaria  e  senza  nemmeno  alcun
 riferimento  a  programmi  straordinari  o  a   specifiche   esigenze
 unitarie.
    Nemmeno  si  puo'  dire  che  si  tratti di interventi aggiuntivi,
 perche' al contrario  si  specifica  talvolta  espressamente  che  le
 agevolazioni  "non sono cumulabili con altre agevolazioni previste ..
 da normative statali, regionali o delle province autonome di Trento e
 Bolzano" (art. 6, terzo comma).
    Agli organi centrali dello Stato sono assegnati per lo piu'  tutti
 i   compiti   di  gestione  degli  interventi.  Ma  anche  quando  si
 attribuisce alle regioni il compito  di  istruire  le  domande  e  di
 concedere  i  contributi  (art.  21,  a  proposito  dei contributi ai
 consorzi e alle  societa'  consortili,  e  art.  27,  nono  comma,  a
 proposito  dei  contributi  alle societa' consortili miste), il ruolo
 delle  regioni  e'  meramente  istruttorio,  mentre  al  Ministro  e'
 riservata   l'approvazione   delle   richieste  di  finanziamento,  e
 addirittura il potere di sostituire  le  regioni  nell'istruttoria  e
 nella  concessione  ed  erogazione  del contributo in caso di ritardo
 (art. 21, quarto e quinto comma) (prevedendo  un  potere  sostitutivo
 comunque non conforme ai criteri sanciti da questa Corte).
    L'art.  41  della  legge,  "al fine di favorire l'incremento degli
 investimenti produttivi nei settori  dell'artigianato"  autorizza  la
 Cassa per il credito alle imprese artigiane a effettuare una serie di
 interventi  e di attivita', ulteriori rispetto agli attuali suo scopi
 statutari,  e  aventi  ad  oggetto   l'agevolazione   delle   imprese
 artigiane.  La  Cassa  e'  in  particolare  autorizzata a "promuovere
 iniziative  finanziarie  finalizzate  allo  sviluppo  delle   imprese
 artigiane" (lett. a)); a "effettuare interventi finanziari sotto ogni
 forma,  compresi quelli relativi ai servizi finanziari" (lett. b)); a
 "gestire fondi di agevolazione" (lett. c)); a "estendere  l'attivita'
 del  fondo centrale di garanzia di cui alla legge 14 ottobre 1964, n.
 1068, e successive modificazioni, alle operazioni di  riassicurazione
 dei  crediti  garantiti dai consorzi e dalle cooperative artigiane di
 garanzia" (lett. d)) .
    In tal modo un soggetto pubblico  pur  sempre  facente  capo  allo
 Stato  viene  abilitato  a  svolgere  attivita',  come tipicamente la
 gestione  di  "fondi  di  agevolazione"  che  spettano  all'esclusiva
 competenza   della   regione  e  sono  state  ad  essa  espressamente
 trasferite  (art.  109  del  d.P.R.  24   luglio   1977,   n.   616);
 trasformandone la stessa natura, da quella di organismo incaricato di
 provvedere al finanziamento degli istituti e delle aziende di credito
 "al  fine  di  integrare le disponibilita' finanziarie destinate alle
 operazioni di credito alle imprese artigiane" (cfr.  l'art.  2  dello
 statuto  della cassa, approvato con d.m. 31 agosto 1966, e successive
 modificazioni),  a  quella  di  organismo  che  gestisce direttamente
 attivita' di agevolazione finanziaria a favore delle imprese.
    Che si innovi sulle finalita' statutarie dell'ente  e'  confermato
 dal  resto del secondo comma dell'art. 41, secondo cui "le forme e le
 condizioni degli interventi previsti nel comma primo  sono  stabilite
 con  decreto  del  Ministro  del  tesoro, di concerto con il Ministro
 dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentito i C.I.C.R.,
 entro novanta giorni" dalla data di entrata in  vigore  della  stessa
 legge.
    Anche   tali   disposizioni   sono  dunque  lesive  dell'autonomia
 regionale.
    L'art. 36 della legge prevede  la  individuazione  dei  "distretti
 industriali",    definiti   come   "le   aree   territoriali   locali
 caratterizzate da elevata  concentrazione  di  piccole  imprese,  con
 particolare  riferimento  al rapporto tra la presenza delle imprese e
 la popolazione residente  nonche'  alla  specializzazione  produttiva
 dell'insieme delle imprese".
    Alla individuazione dei distretti provvedono bensi' le regioni, ma
 "sulla  base di un decreto del Ministro dell'industria, del commercio
 e dell'artigianato"  che  "fissa  gli  indirizzi  e  i  parametri  di
 riferimento" secondo comma.
    Per  tali  aree  e quindi, sembra solo per queste "e consentito il
 finanziamento,  da  parte  delle  regioni,  di  progetti   innovativi
 concernenti  piu'  imprese,  in  base  ad  un  contratto di programma
 stipulato fra i consorzi e le regioni medesime" (terzo comma).
    Una competenza schiettamente regionale, attinente da un lato  alla
 programmazione  territoriale,  dall'altro  allo  sviluppo del settore
 dell'artigianato ed espressamente trasferita alle  regioni  dall'art.
 65  del  d.P.R.  n.  616/1977; in tema di consorzi industriali, viene
 dunque condizionata  a  discrezionali  determinazioni  del  Ministro:
 illegittimamente restringendo, dunque, l'autonomia regionale.
    L'art.  39  della  legge,  nel  disciplinare  l'ordinamento  della
 Direzione  generale  della  produzione  industriale   del   Ministero
 dell'industria,  prevede  la "istituzione di un servizio centrale per
 la piccola industria e l'artigianato" (primo comma, lett. a)).
    Questa disposizione, che pur  riguarda  la  organizzazione  di  un
 apparato centrale dello Stato, da un lato e' rivelatrice dell'intento
 e del contenuto sostanziale dell'intera legge, tendente a riassorbire
 nell'ambito delle competenze centrali il settore dell'artigianato, di
 competenze  delle  regioni;  dall'altro  lato  e'  lesiva essa stessa
 dell'autonomia regionale, dal momento che la creazione di un'apposita
 struttura operativa - non di programmazione  ma  di  gestione  -  che
 estende  la  propria  competenza  al settore dell'artigianato viene a
 porsi direttamente  come  illegittimo  ostacolo  e  limite  al  pieno
 esplicarsi delle attribuzioni regionali in materia.
    E'  evidente  che  se  lo  Stato  centrale, non tanto conserva, ma
 addirittura crea nuove strutture operanti nei settori  di  pertinenza
 regionale  e  provinciale  (in  piena  contraddizione  con  la  tanto
 proclamata  necessita'  di   riformare   l'amministrazione   centrale
 sopprimendone  i  comparti  resi  superflui  dal  trasferimento delle
 funzioni alle  regioni),  in  realta'  esso  viene  a  contestare  la
 competenza  regionale,  e  si  pongono  le  premesse  per illegittimi
 interventi diretti statali di gestione nei settori in cui si  esplica
 tale competenza.
    L'art. 43, primo comma, della legge, nello stabilire che gli oneri
 derivanti  dall'applicazione  degli  articoli 6, 7, 8, 9, 12, 22, 23,
 primo comma, 27 e 33 (tutte norme qui impugnate, salvo  l'art.  9,  e
 relative  alla  concessione  delle  agevolazioni)  gravano  sul fondo
 speciale rotativo per l'innovazione tecnologica di  cui  all'art.  14
 della legge 17 febbraio 1982, n. 46 - fondo amministrato con gestione
 fuori  bilancio  -  stabilisce  che  detto fondo e' integrato di 1514
 miliardi nel triennio, "nei limiti di cui ai predetti articoli e  per
 le finalita' ivi previste".
    Ora  - a parte il dubbio ricorso a una gestione fuori bilancio per
 spese che non hanno alcun carattere speciale, e che sono effettuate a
 fondo perduto e senza previsione di rientri, onde non  si  giustifica
 nemmeno  l'utilizzo  di  un  fondo  di  rotazione (ricorso che sembra
 piuttosto il frutto di un escamotage  tendente  a  "nascondere"  tali
 spese   nell'ambito   di   un  meccanismo  finanziario  statale  gia'
 esistente) - tale meccanismo  finanziario  e'  lesivo  dell'autonomia
 della regione.
    Anche'  i  fondi  di  rotazione,  anzitutto, sono uno strumento di
 spesa statale, che non  puo'  legittimamente  impiegarsi  nell'ambito
 delle  competenze  regionali:  e  infatti  l'art.  110  del d.P.R. n.
 616/1977 ha soppresso i fondi nazionali di  rotazione  gia'  operanti
 nelle  materie  di  competenza  regionale,  trasferendo  le  relative
 disponibilita' alle regioni.
    Ma anche per la parte  in  cui  i  fondi  di  cui  alla  legge  in
 questione  vengono ripartiti fra le Regioni (art. 21, quarto comma, e
 art. 27, nono comma), la loro disciplina non  e'  conforme  a  quanto
 dispone l'art. 3 della legge 14 giugno 1990, n. 158, ai cui sensi gli
 stanziamenti  annuali  previsti  dalle  preesistenti leggi di settore
 sono accorpati nella "quota variabile" del fondo per il finanziamento
 dei programmi regionali di sviluppo, per essere destinati  ad  essere
 spesi  dalle  regioni  nell'ambito  di "comparti funzionali", e sulla
 base di programmi regionali in armonia con gli indici e gli standards
 stabiliti dal C.I.P.E.; e "ulteriori leggi che dispongano  interventi
 da  affidare  alle  regioni  debbono  prevedere  la  confluenza degli
 stanziamenti"  nella  predetta  quota  variabile  del  fondo  per  il
 finanziamento dei programmi regionali di sviluppo.